• Home
  • Storie (in)dimenticate
  • Amore per la maglia
  • Eroi di provincia

Treviso 2001, un calcio al razzismo

12th Feb 2018
Storia della squadra che un pomeriggio scelse di essere nera: Il Treviso che dipinse una lezione di civiltà, alla faccia dei razzisti
Treviso 2001, un calcio al razzismo
Share on Facebook Share
0
Share on TwitterTweet
Share on Google Plus Share
0
Share on LinkedIn Share
0

Terni, 3 giugno 2001. Un ragazzino entrò in campo per il suo esordio in serie B con la maglia del Treviso. Neanche il tempo di rendersene conto e negli spalti decine di tifosi, che avrebbero dovuto sostenerlo, raccolgono tutto, gli danno le spalle e se ne vanno.

Non c’era da stupirsi, nella curva del Treviso gli episodi di razzismo non sono una novità. Per Akeem Omolade, il ragazzino venuto dalla Nigeria, il giorno del coronamento del suo sogno non poteva essere più amaro: i tifosi della squadra per cui giocava non volevano un nero in formazione.

A Treviso in settimana qualcuno alza le spalle, qualche altro minimizza, il sindaco polemizza coi detrattori della tifoseria, qualche altro non ci sta. I compagni di squadra di Omolade sono arrabbiati, affranti. Ma non rassegnati. Nella consecutiva gara casalinga contro il Genoa, i biancocelesti rispondono ai loro squallidi tifosi con grande classe.

L’idea pare fosse venuta a Roberto Murgita, sposata da Minotti e Viviani, che ne parlarono col gruppo. Federico Smanio andò a prendere il materiale occorrente e il pomeriggio ecco messa a punto la risposta ai barbari: i calciatori del Treviso scendono in campo col volto dipinto di nero davanti agli spettatori dello stadio Tenni. Tutti, nessuno escluso. Anche l’allenatore Sandreani, lo staff tecnico e la panchina si dipinsero il viso di nero. In quel momento tutti erano fratelli di Omolade e se c’era da offendere qualcuno per il colore della pelle allora tutta la squadra era di colore.

L’iniziativa ricevette plausi e complimenti anche dall’estero, oltretutto Omolade segnò di testa il gol del momentaneo 2 a 1, che non bastò a risparmiare a Treviso la retrocessione in C1.

A 16 anni di distanza il razzismo nelle curve è ancora presente e i gesti eclatanti non sono mancati: Zoro voleva andarsene dal campo, Muntari invece se ne andò sul serio, Dani Alves mangiò una banana lanciatagli dagli spalti.

Il razzismo, nel calcio e nella società, va combattuto. Quel Treviso diede lezione di eleganza e civiltà.

Enrico Baldin



Share on Facebook Share
0
Share on TwitterTweet
Share on Google Plus Share
0
Share on LinkedIn Share
0




  • Omolade
  • Serie B
  • Treviso

prev

next

Archivi
  • gennaio 2019
  • dicembre 2018
  • ottobre 2018
  • settembre 2018
  • agosto 2018
  • febbraio 2018
  • settembre 2017
  • luglio 2017
  • giugno 2017
  • maggio 2017
  • aprile 2017
  • marzo 2017
  • febbraio 2017
  • gennaio 2017
  • dicembre 2016
  • novembre 2016
  • ottobre 2016
  • settembre 2016
  • agosto 2016
  • luglio 2016
  • giugno 2016
  • maggio 2016
  • aprile 2016
  • marzo 2016
  • febbraio 2016
  • gennaio 2016
  • dicembre 2015
  • novembre 2015
  • ottobre 2015
  • settembre 2015
Categorie
  • Amore per la maglia
  • Eroi di provincia
  • Senza categoria
  • Storie (in)dimenticate
Le firme del Boskov

twitter facebook google +
© Storie del Boskov. All rights reserved. 2016 Powered by Mosaika
Utilizziamo i cookie per essere sicuri che tu possa avere la migliore esperienza sul nostro sito. Continuando a navigare nel sito, l'utente ne accetta l'utilizzo. Accetto