«Hai sentito? Giocano i ragazzini».
Così, all’improvviso. Il caffè mi va di traverso e comincio a tossire. Ho fretta di parlare. «Cazzo dici? E perché? Ma il mister lo sa che giochiamo contro l’Inter. È impazzito forse?» Gli dico sputacchiando qua e là. «Non c’è molta scelta, tra squalifiche e infortuni. Giocano i ragazzini. Sarà molto dura stasera. Quasi quasi resto a casa».
Comincio a muovermi da un angolo all’altro del bar alla ricerca del giornale sportivo. Voglio una conferma. Voglio vederlo scritto nero su rosa. Lui cazzo ne sa. Fascetti, tra infortuni e squalifiche, si affida ai giovani Enyinnaya e Cassano. Nero su rosa. E chi mai sono questi. «Ehi – cerco un paio d’occhi familiari, occhi amichevoli – Ehi, stasera giocano i ragazzini». Poco distante, un tale corpulento e con una pelata bella lucida, non perde tempo. «E allora? Meglio così, a quelli dell’Inter servirà una pasticca per il mal di testa dopo la partita. Il mister fa bene. Vedrai, vedrai…»
Forse ha ragione lui. Cerco di convincermi. Un bicchiere d’acqua. «E tu che ne sai? – Lo sfido – Chi sono questi? Chi li conosce? Peruzzi, Panucci, Blanc, Zanetti… Questi sì che li conosco. E li conoscono tutti». E lo dico mentre faccio un ampio gesto con il braccio nel bar semivuoto. Il ciccione pelato, senza scomporsi, mi fa: «Ho visto cosa combinano in allenamento. Sono terribili, ti dico. Uno, Enynnaya, è come una scheggia impazzita. Corre e calcia da qualsiasi posizione. Due, Cassano, fa cose che non ho mai visto fare a nessun’altro. Ha una tecnica fuori dal comune ti dico. Giocano i ragazzini. Bravo il mister. Bene. Bis».
Cazzo dici. Ragazzini sono ragazzini, campioni sono campioni. Non si discute. Bisbiglio mentre vado via. Una volta fuori comincio a pensare. Immagino un fiore: stadio-non stadio-stadio-non stadio. Stadio. È l’ultimo petalo della margherita. Così è deciso. Prima di una partita ho sempre mille sensazioni. E questa volta sono punte di pessimismo mai raggiunte. Desolato già per la futura e ben prevedibile sconfitta sposto il mio culo allo stadio. A piedi, ma a passo svelto. Prendo il mio posto, il solito. Prendo il mio Borghetti, il solito. C’è il mio vicino di posto, il solito. Con i suoi capelli con la gelatina tirati all’insù e un naso troppo grande per un volto così magro. «Ehi, hai sentito?» Il liquore al caffè mi scivola giù per la gola. «Ho sentito, amico mio. Enynnaya-Cassano: sabato 18 dicembre 1999. Segnati questa data, amico mio. Giocano i ragazzini».
Sono l’unico idiota che non ci crede questa sera. Sono l’unico citrullo o si è rincitrullito tutto il resto. Lo guardo. Mi guarda. Gli faccio “Ragazzini sono ragazzini, campioni sono campioni”. Dall’altoparlante dello stadio l’annuncio delle formazioni. Resto in trepidante attesa. Dopo gli interisti Peruzzi, Panucci, Blanc, Colonnese, Zanetti, Cauet, Di Biagio, Jugovic, Georgatos, Zamorano e Vieri, tocca ai nostri Mancini, Neqrouz, Garzya, Innocenti, Del Grosso, Collauto, Andersson, Markic e Marcolini. Lo speaker fa: e in attacco… con il numero 26 Hugo Enyinnaya e con il numero 18 Antonio Cassano.
Mi volto immediatamente. Cerco conforto nel nasone. Lui, come fosse il miglior difensore, mi anticipa di netto. «Hai sentito, amico mio. Giocano i ragazzini, amico mio. Ci divertiamo, amico mio». Gli sto sul collo. «E non dirmi in ogni frase amico mio, basta una volta, cazzo. Ci divertiamo dici?» Ha la risposta pronta mentre si dà una sistematina ai capelli: «Ci divertiamo, amic… ci divertiamo!»
Il ragazzino Enynnaya è una scheggia impazzita. Gioca a nascondino con la difesa dell’Inter. Un attimo c’è, l’attimo dopo non c’è più. Fa esplodere una conclusione potente e precisa dalla distanza. Peruzzi proprio non ci arriva. Tana libera tutti. Ma i campioni sono campioni. Vieri non ci sta e sfrutta nel migliore dei modi un rimpallo. Fa il suo dovere. Fa il bomber. Uno a uno. Bravi, però, questi ragazzini. Ci divertiamo, amico mio. La partita regala qualche emozione. Il Bari regge. Enynnaya è stanco e mister Fascetti lo richiama in panchina. Cassano no. Lui ha ancora benzina nelle gambe. E il fuoco del talento nelle vene.
Un altro ragazzo entra dalla panchina: è Simone Perrotta. A pochi minuti dal triplice fischio s’inventa un lancio sulla fascia. Cassano è lì che aspetta: controlla la sfera con un colpo di tacco volante e s’invola verso la porta difesa da Ferron, subentrato a Peruzzi. Gli ostacoli, adesso, si chiamano Blanc e Panucci. Il ragazzino non ci pensa un attimo su e devia la traiettoria entrando in area. I due difensori vanno fuori giri. Poi il colpo di biliardo finale. Palla all’angolino. Sono trascinato dall’emozione e dalle persone accanto a me. Grida di gioia. Ci divertiamo, amico mio!